JK

Un libro su Santa Teresa d´Avila, una serenata in forma di fiction


Lacan e Kristeva come godono i santi


Un´analisi dedicata alla beata spagnola e alla sua estasi. Come interpretare questa forma sublime di rapimento? Perché il sesso non spiega tutto
NADIA FUSINI

Teresa, mon amour è non solo il titolo dell´ultimo libro di Julia Kristeva (tradotto da Alessia Piovanello per Donzelli Editore, pagg.628, euro 35,00); è il ritornello che l´attraversa, quasi il libro tutto fosse una canzone, una lunghissima serenata che l´autrice dedica alla santa spagnola, alla sua estasi. In copertina, of course, la Transverberazione di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini. Subito comprendiamo che lacaniano sarà il corteggiamento, debitore al medesimo fremito barocco che scioglie perfino il marmo della famosa scultura. E non a caso Jacques Lacan sceglieva lo stesso gruppo marmoreo a copertina del suo seminario Encore dell´anno accademico 1972-73. Dove nel capitolo sesto a chi volesse intendere l´amore divino e il godimento mistico si raccomandava di andare a Roma a contemplare la statua del Bernini. Guardatela e vedrete, affermava Lacan, vedrete che lei gode! Non c´è dubbio. E di che cosa gode? Di che cosa godono i mistici, le mistiche? Fino al secolo scorso, fino a Charcot, fino a Freud si sarebbe detto che era una faccenda puramente sessuale, energia libidica repressa, e così via.
No, dice Lacan, non è una questione di fottere, o meno. C´è di più. In quell´attacco c´è un vero e proprio passaggio all´ ex-sistenza, un passaggio in quell´"ex", in quel "fuori" che fa da prefisso alla parola ex-stasi.
In mille variazioni Julia Kristeva riprende il motivo lacaniano, intrecciando il delirio mistico alla dimensione immaginativa e alla scrittura, e in quest´ultima versione, in quanto scrittrice, fa "sua" la santa. Letteralmente se ne appropria. Si identifica. Una volta adottata questa chiave ? la vera estasi è la scrittura- non ci vuole molto a stabilire una stretta affinità tra la santa e la scrittrice. Tanto più che Teresa, oltre che santa e scrittrice e fondatrice, fu interprete e analista dell´ anima.
A dare più brio alla serenata, l´inno a Teresa viene affidato a un alter ego, tale Sylvia Leclercq, psicoterapeuta, ossessionata, invasata dalla santa, intorno alla quale monta la sua fiction; fiction postmoderna, più che letteratura vera e propria, perché solo nel registro di una bulimica assimilazione, che procede per scorci temporali e incroci spaziali, pare a Sylvia di riuscire ad afferrare la vita della santa. Se Sylvia legge con passione le opere di Teresa, è per comprendere se stessa, le donne di oggi che incontra in terapia. E si esalta a certe affinità che intravvede. E´ meno sensibile alle differenze.
Il termine fiction piace alla dotta dottoressa di Linguistica e Semiotica Julia Kristeva, che in questa sua opera si sforza al massimo di rendere contemporaneo il suo soggetto anche grazie a una scrittura che si vuole veloce, gergale. E si concede vezzi modaioli che per via di slang ci presentano Teresa come "un big-bang fatto donna" (p.588); mentre per descrivere la sua religiosa confidenza con Dio si ricorre all´ espressione: "fare una Tac al mistero del Signore (p.274). Abbondano allusioni all´idea della rete. Internet, default sono termini che tornano. E i corsi di Derrida e di Kristeva alla Columbia University vengono citati come occasioni uniche per i pochi privilegiati che li frequentarono per penetrare, o meglio decostruire i misteri della rete che per l´appunto connetterebbe i mistici e i kamikaze. La nebulosa mistica si espande così in nebbia religiosa, e si aprono a ventaglio nel libro scottanti temi di attualità, tra cui sovrani i problemi del fanatismo e della fede: con Teresa sempre al centro, al crocevia di pensieri e concezioni di sé e del mondo che cambiano, che la vedono accanto a Montaigne, a Spinoza, a Cervantes. Teresa esponente sublime del Siglo de Oro. E ragazza d´oggi, runaway girl. Come Louise Bourgeois. Come Julia Kristeva. Tutte donne capaci di darsi un altro padre, un´ altra patria. E di farsi un nome!
In questo senso, Teresa mon amour è una "installazione" (p.577). E forse proprio tale termine meglio descrive questo strano libro troppo lungo, interessante quando si presenta come "una avventura nel cuore del credere" (p.565). Meno, quando riduce quell´avventura a una spiegazione della vita umana tutta ? sia barocca sia contemporanea sia mistica sia mondana - in chiave di parafrasi attualizzante tradotta in termini psicoanalitici della vita medesima. A proposito della scrittura teresiana Kristeva parla di "una scrittura fuori genere, perché li mescola tutti" (p.311). Così fa lei qui; trasportata non dall´estasi, ma da una specie di hybris intellettuale che di certo non le manca, si fa una e trina: autrice, narratrice, protagonista del racconto, che è insieme una biografia, una autobiografia, un saggio, una fiction; alla fine, un monumento alla diva Julia.

 

La Repubblica, 27/01/2009

scan_repubblica

 

Home